Novi avisi di Venetia


9 – La fine della pestilenza: libera circolazione, ripresa del commercio e panegirico di Venezia


Non mancavano i Signori di continuo con ogni isquisita diligenza di provedere con gagliarde provisioni secondo i progressi della peste, in tanto che alli ventidue di novembre, parendo hormai haver perduto le forze e di esserle venuto a meno le saette, parve al Prencipe che si avicinasse il tempo congruo per l’edificatione del tempio ch’egli fece già voto col Senato di eriggere al Redentore, massimamente potendosi, per esser già le cose vicine allo stato tranquillo, trovare muratori et altri operarii segondo il bisogno d’una tanta opera. Là dove sua Serenità in Senato, deplorando il grande infortunio che tutti haveano corso, et in particolare quello della sua persona, che per la morte di suoi famigliari era stata due volte sequestrata, disse che potevano dire questa città essere stata come una nave lungamente agitata e combattuta da gran tempesta di mare, che valorosamente sia stata preservata dopo Iddio da intendenti et acurati nochieri, che sono stati i Proveditori e Sopra Proveditori alla Sanità, e gli altri buoni ministri. Soggionse poi dimostrando quanto si doveva continovamente ringratiare il signor Dio, ch’haveva sempre con gli occhi della sua immensa pietà rimirato questa Repubblica nei giorni delle sue più gravi tribulationi. Infine venne a dire che bisognava risolversi di trovar luogo conveniente ad edificare il detto tempio. Così dopo varie proposte e diversi discorsi fu per ricordo de Clarissimi messer Antonio Bragadino et Agostino Barbarigo, destinati a tal negotio, concluso d’edificarlo alla Zuecca sotto il governo et custodia delli reverendi padri Capucini, in uno terreno vacuo grande contiguo al lor monastero. E fu insieme dechiarito che li ducati diecimille che si prese già parte di spendere in detto tempio s’intendessero zecchini, ch’importavano quattromille ducati di più, e sua Serenità, che fu la prima a votare, offerse per tal fabrica del suo mille e cinquecento ducati, intendendo anco che altri, imitando le sue vestigie, si sono mossi ad offerire buone summe di denari. In maniera che vedendosi a giorni nostri fabricate da nuovo nella città molte chiese honorate si dee credere che alla fabrica di detto tempio, acciò che sia tanto più magnifica et adorna, vi saranno assai persone pie e religiose che per maggiormente honorare il Redentore Signor dell’universo concorreranno a contribuire.

Ali V di decembre, mostrando la città d’esser in procinto di restar libera, i Signori della Sanità, per assicurarla che non le fossero rinovate le piaghe da genti di parti infette, mandarono fuori un editto che per quarantacinque giorni niuno, eccettuando corrieri e vivandieri, vi potesse venire con robbe di sorte alcuna, ma solamente con la persona, et con obligo di star dopo diece giorni sequestrato in casa con la famiglia. Non intendendosi poi novità di male da alcun di quei luoghi convicini che si erano rissentiti, fu alli XII per deliberatione del Senato abrogato l’editto e posto in libertà ognuno di liberamente venire portando le sue fedi autentiche di partirsi da luoghi sani. Ma li Signori della Sanità, per dar compimento all’espurgatione della città et ad ogni sospetto, publicorono questi nuovi ordeni confirmati in Senato: che per l’avenire i respetti fossero tenuti come sospetti, dovendo le persone di quelle case medesimamente esser mandate a Lazaretto Novo a far contumatia, overo in altre case sane, spogliandosi i drappi e mettendosene d’altri, e le sue robbe fossero sborrate; che dove morisse uno nel termine de cinque giorni, ancora che fosse dato libero, quella famiglia stesse ventido giorni sequestrata, tenendo fra tanto in casa sborate le robbe; che i deputati delle contrade dovessero fra otto giorni haver fatto evacuare e nettare tutte le case, et i presidenti dei sestieri in capo di detti otto giorni andassero personalmente a vedere se fosse essequito quanto s’era ordinato. Monsignor Reverendissimo Patriarca publicò un gran giubileo mandato dalla santità del Papa da torsi a Nadale con generale assolutione de tutti i pecati, etiamdio di quei reservati alla Sede Apostolica, et in Cena Domini, perché tanto più prontamente si destasse ciascuno a pigliarlo et a reconciliarsi con la Divina Maestà. Il Prencipe per ciò andò li tre giorni delle Tempora [giorni di preghiera e penitenza legati alle stagioni] in processione senza corno in testa in segno d’humiltà, accompagnato dal Senato, dalla nobiltà e da molto popolo.

Finalmente quando piacque all’infinita bontà di Dio, che sempre ha dimostato segnalati miracoli nel preservar questa città dai pericoli, si hebbe a dì primo genaro carta bianca, non essendo morto alcuno il giorno inanzi ultimo dì d’anno. In questa liberazione della città felicemente principiata nel principio d’anno il Prencipe con la Signoria vestita di cremesino fu in processione, aprendosi universalmente a tutti con incredibil gaudio il core, ch’era stato ristretto in grande affanno così lungo tempo da tanti travagli, et andando ognuno rallegrandosi insieme e rendendo gratie imortali al clementissimo Dio che havesse aperto le porte della sua misericordia. Bisogna così per certo credere questa esser stata una visita di sua Divina Maestà per risvegliarci et farci revedere, perché sì come non si vede cessar la fortuna del mare se prima non cessa il furor de venti, così non sarebbe cessata la furia della peste se prima non fosse placata l’ira della sua divina giustitia, non potendo militar ragione alcuna in contrario. Che se la peste hebbe principio da un solo, et che non valse niuna prudenza humana a tenerla che non serpesse tanto avanti, a tempo poi che era tanto ampliata s’havesse potuto anihillare se Dio solo non ci havesse posto la man sua. Assicurate adunque le cose della città, a VIIII di detto mese il Prencipe se n’andò con tutta la Signoria in chiesa di San Marco, ove cantato il Te Deum fu cantata una messa solenne. E quanto prima sarà accomodato il luogo da potere fondare la chiesa votata, sua Serenità anderà con solenne pompa a gettar la prima pietra.

Si sono cominciate da per tutto ad aprire le botteghe, gente senza numero da ogni canto comparisse, le pratiche de negotii delle mercantie tornano in piedi e faransi con l’aiuto di Dio più facende che mai, onde il publico et il privato si potrà in breve ristorar de danni patiti. Ondeggiano per palazzo i litiganti, le piazze e le strade sono così frequentate che chi non è stato presente alla mortalità e ruina grande traspasata non può capirla nel suo concetto intendendola dagli altri, che a suo mal grado l’hanno veduta e provata.

Nel vero Venetia è troppo rara e troppo singolare, né si può pensare come ella giamai possi restar abandonata, poichè tanti ch’hanno peregrinato il mondo si risolvono alla fine di posar qui, affermando di non haver veduto altra città che pareggi a questa di bellezza, di commodità e di sicurezza. Rende Venetia a chi ben la mira et osserva di dentro e di fuori sommo diletto e stupore. Ha una mirabile prospettiva d’ogni intorno, essendo posta tra le acque chiare in circuito di otto miglia, dove è l’aere aperto e ridente, per ciascun verso vi si vede magnifica struttura de casamenti infiniti e di tanti tempii, e tra le altre cose dall’una parte e dall’altra del Canal Grande, ch’è per longhezza di due miglia, un ordine continovato di palazzi, oltre tante isole che le stanno d’intorno che possono dirsi esser castella. Ha poi vicina la terraferma et il mare aperto, onde continovamente le sono in abondante copia portate tutte le cose necessarie al viver humano, massimamente da navi et altri legni che vengono di Ponente e di Levante carichi di mercantie. Ecci l’uso delle gondole e barche con le quali agiatamente senza pericolo alcuno da ogni tempo si va così di dentro come di fuori della città, e si porta ogni sorte di cose sino alle rive delle case.

L’aere è salubre e si vive pacificamente e quetamente in gran libertà. Qui non regnano fattione, dissensioni, né si sta su puntigli di precedenza nella via. Ciascuno sensa esser tassato camina come gli pare meglio, o dalla parte dritta o dalla sinistra. Qui sono di tutte le arti et essercitii, e chi si vuole affaticare può facilmente guadagnarsi il vivere. Qui d’ogn’hora hanno recreationi spirituali in tante honorate chiese de preti, frati, monache e d’altri luoghi pii, ove oltre le messe, prediche e divini offici s’odono angeliche melodie de suoni e di canti. Qui finalmente tutti vivono sicuri con le sue famiglie et facultà, né hanno paura d’incursioni e d’assedii de nemici, havendo il signor Dio posta la città in sito inespugnabile et havendone sempre sua divina Maestà, come d’opera sua più cara, havuto particolar protettione. Perciò ragionevolmente è chiamata Archa foederis [arca dell’alleanza], perché di tutte le nationi del mondo vi concorrono persone a salvarsi dentro. Perciò dico, e qui faccio fine, tutti devono come a patria comune desiderarle salute e felice conservatione, che d’ogni cosa sia sempre data in tutti i secoli la gloria e l’honore a Dio ottimo massimo, il quale prego a mantenerci in sua gratia et a darci lume di poter caminar nella dritta via delle sue giustificationi.

[Di Venetia, al dì 28 di giugno 1577]


Leggi anche le testimonianze dei documenti (qui)


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matelda abate
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matelda abate

Ho trascorso la giornata di ieri a leggere e rileggere la pubblicazione degli “Avisi” relativi alla peste del 1576. Grazie per questo splendido e illuminante lavoro. Il Progetto Rialto ne risulta arricchito e ancora più fertile di idee e di sviluppo.. Speriamo che presto si possa riprendere il programma di incontri bruscamente interrotto. Il lungo periodo di “fermo immagine di Venezia”, da voi così utilmente utilizzato, può spingere a fare del Progetto Rialto un luogo di scambio e di elaborazione propositiva e progettuale più creativa e interdisciplinare. Con una visione che faccia riferimento proprio alla importanza e originalità della storia… Leggi il resto »

Monica Fontanive
Ospite
Monica Fontanive

Emoziona leggere che chi ci ha preceduto ha provato tanto sgomento nel veder la nostra città deserta …Testimonianze inestimabili, grazie per aver promosso e divulgato tanta ricchezza, scalda l’animo.

Micaela Portinari
Ospite

E’ incredibile constatare la straordinaria attualità di questi documenti e di come la storia sia insegnamento e bagaglio di necessaria conoscenza per essere consapevoli attori del futuro anche se ahimè non sempre ci rende migliori. Ringrazio molto Donatella ed Elena che mi hanno fatto conoscere questo progetto e tante energie hanno dedicato a questa importante iniziativa che merita di essere alimentata e promossa.

Peter Clark
Ospite
Peter Clark

Many thanks for sharing this fascinating article with me. I knew a bit about the plague controls in the 16th century but I did not realise how close our current ones mirrored them. I think the only very big difference is that in many early cities the rich decamped to the countryside, which aggravated the economic and social problems in the cities.
In the modern world the concentration of medical resources in the big centres makes it less attractive for the better off to move away

Chiara
Ospite
Chiara

L’ho letto. Fantastico e incredibile. Le strade vuote, la gente in casa. Tutto questo mi sembra assurdo.
Seguirò anche gli altri articoli che pubblicherete. Grazie ancora

Hidenobu
Ospite
Hidenobu

Grazie mille per il prezioso articolo sull’esperienza storica dell’epidemia del 1576 che sembra proprio identica a quella di oggi.
E’ una cosa incedibile vedere e sapere di una simile ripetizione..
Possiamo imparare dalla storia e cogliere molti suggerimenti efficaci da questo vostro studio.