Novi avisi di Venetia


8 – Purificazione delle ‘robbe’ e delle case con pene capitali per i ladri


In conclusione essendo la peste tanto inveterata, e per ciò fatta come famigliare, non era chi più la temesse come prima né stesse con tanti riguardi. Da principio ognuno s’armava portando in mano qualche palla odorifera o spongia bagnata di aceto rosato, o guanti o fazzoletti profumati, o qualche mazzuol di ruta o d’assenzio o d’altra herba d’acuto odore, o al collo qualche sachetto di cose aromatice o d’arsenico dalla parte del core, o de pigliar la mattina pillule di Ruffo o una noce con un fico e quattro foglie di rutta, o una presa di thiriaca ongendosi con essa i polsi, le tempie e la parte del cuore, o acque refrescative, o eletuarii o altre composte, le quali tutte cose in fine volevano dir niente quando veniva l’hora della sua dishaventura. Vedendosi poi alcun per la via con tristo color nel viso, ciascun da lui si scostava e scrollando il capo diceva ‘Egli sta fresco’, ‘Egli è spedito’, e se qualche amico lo incontrava diceva ‘Fratello sta indientro, noli me tangere, che sei amorbato, vattene poverino a casa e dati in nota al piovano’, perché stava un ordine, che non era lecito preterirlo, che tantosto ch’uno si sentisse male in una casa bisognava darlo in nota al piovano della contrada e tenere tre dì sequestrata la casa, fin tanto che se ne vedesse la riuscita. Ma questo era nulla rispetto alla sciagura che toccava tallhora a qualche poverhuomo, il quale se per caso veniva veduto andar languendo et zoppigando, incontanente la gente allontanandosi gli faceva intorno il cerchio, et in quel punto li deputati di quella contrada, o altra persona d’autorità, gli comandava in pena di morte che non si muovesse dal luogo ove si trovava, et ad un tratto comparivano i medici, che facendogli mandar giù le calze e mostrar in publico ciò che natura nasconde et honestà, pigliavano il visum et repertum [ispezione anatomica], et attestando sue eccellenze ch’egli fosse infetto i pizzigamorti volavano a portarlo in barca al Lazaretto, là dove ancora i suoi di casa potevano aspettarlo o intender quello che fosse avvenuto di casi suoi. Or havendosi introdotto di attacar i sonagli alle gambe ai pizzigamorti, acciò che dove andassero fossero sentiti, la gente se incontrava in loro faceva poco caso di tirarsi indietro, che da principio quando i mazzieri della Sanità venivano inanzi gridando ‘Guardatevi dai pizzigamorti’ ognuno con maggior fretta e paura s’allontanava che non si fa il Giovedì grasso dagli infuriati bovi che vengono da festosi giovani menati a caccia per la citta. Havevano homai tutti imparato a medicar da per loro la giandussa per le molte ricette d’empiastri e di medicine ch’andavano attorno, e molti, così huomini come donne, ch’erano tornati sani dal Lazaretto Vecchio s’introducevano spinti dalla necessità nelle case a curar gli appestati et a sborar robbe infette.

Comparvero dodici Grisoni [individui provenienti dal Cantone svizzero dei Grigioni] in tripartita compagnia, a quali per l’isperienze che haveano fatto era permesso dai Signori di andar nelle case a nettare robbe, le quali nettavano secondo la quantità in uno, due o tre giorni. Né si è potuto ben sapere la verità come facessero, perché ove andavano non volevano ci andassero altri, né essi lasciavano intender il fatto suo ad alcuno. Pur vi fu qualche curioso che osservando gli andamenti loro sottrasse che compravano per tal servitio mira, pegola di Spagna, solfere e rasa, con le quali cose facevano una mestura di profumo, et acconciate ad alto nelle camere le robbe infettate ponevano nel fuoco una buona quantità del profumo, e di sopra vi metteano delle strazze e cartazze che trovavano per casa e del ginepro assai. Da queste cose usciva un fumo densissimo, il quale come era al sommo chiudevano esse camere e vi stavan dentro fin tanto che fornivano di far l’opera, e le robbe sporche usavano di bagnar in una caldaia grande d’acqua calda misturata non si sa di che. Basta che essendo per ciò fatta grande la fama loro, e trovandosi per la città infinite robbe da sborrare e nettarsi, venivano dalle persone a forza de scudi incaparati molto inanzi che si potessero havere segondo il bisogno. Perché i Signori davano fretta a tutti che provedessero di sborar quanto più presto le robbe, che altrimenti s’havrebbeno mandate ai luoghi suoliti, dove in fatto si poteva dire che andassero all’aperta perditione, sì per esser il tempo autunnale pluvioso e ventoso, sì per esser da sboratori messo ogni cosa in confuso, non si sapendo poi per lo più qual robbe fussero di questo e qual di quell’altro, che però poi erano tutte ad un modo dissipate e guaste, né comportava la spesa di ripigliarle con l’interesse che vi andava.

Dovendo un giorno i detti Grisoni elleger un lor capo mi fecero andar a pigliar il rogito della elettione, et io li vidi uscir di case amorbate sporchi et affumicati che parevano tanti Bronti e tanti Steropi [ciclopi] usciti dalla fucina di Vulcano. Mi raccontò il capo come essi stavano rinchiusi nelle camere dove perfumicavano le robbe attendendo che non vi si accendesse il fuoco, et che usavano varia sorte di profumi segondo la qualità delle robbe, che’l fumo che facevano quelli lor profumi era così tenebroso e denso che se si fosse accesa una candella non si sarebbe potuta scorger un brazzo lontana, et ch’egli era così potente che faceva sino fuggir i sorzi. Onde avvenne una volta ch’un sorzo non vedendo dove si potesse salvare si slanzò sul fuoco ad abbruggiarsi, che sostener cotanto fumo puzzolente. Mi disse anco detto capo che bastava loro l’animo quando fosse morto uno o più dalla peste in una casa d’entrarvi dentro et in quaranta hore dar libera la casa, le robbe e le persone che vi si trovassero, che però a quelli che fossero già mal affetti darebbe fuori nel detto termine il male et haverebbeno con i rimedii dati da loro potuto risanarsi. In fatto non si può se non dire che facessero cose meravigliose, poichè loro praticando tante case infette e maneggiando tante robbe amorbate non si fossero mai punto imbrattati, né meno doppo ch’havevano sborate le robbe fosse successo alcun sinistro ai padroni di esse. Diedero anco i Signori libertà di sborar e nettar robbe de particolari ad un certo Felice Brunello [ per un approfondimento qui], il quale tenendole per cinque giorni rinchiuse in cassoni grandi forati nell’acqua corrente del Canal di Marani le rendeva nette e sicure. Fu medesimamente per beneficio comune publicato un nuovo ordine intorno a profumar le case sospette col profumo di cose simili a quello de Grisoni, al nettar col sabbione i panni di seta et altre cose d’importanza, et a far bollir drappi di lino e d’altra sorte, et a smorbarli nell’acqua salsa col detto modo del Brunello.

Mostrò per tre o quattro giorni, dai vinti d’ottobre in su, di dar volta la marea della peste, ma dopo ritornando ella in campo con maggior furia che mai. E stimando i Signori esserne la cagione il medicarsi in casa delle persone, vietarono ciò per publico editto, commettendo che per l’avvenire i feriti senza remissione alcuna si mandassero subito al Lazaretto Vecchio, et quelli che non vi volessero o facessero resistenza d’andarvi se li gettassero giù le porte dal Capitano della Sanità, e fossero da pizzigamorti tratti per forza fuori di casa e condotti via. Commissero anco che quelli che medicatisi in casa fossero guariti dovessero sborrar le sue robbe, et acciò che non si potessero far contrabandi furono fatti inquisitori per i sestieri che andassero inquirendo e formando processi delle case infette.

Oltra di ciò sentendosi ogni giorno molti richiami e querelle contra pizzigamorti delle insolenze et rubarie che facevano per la città, fu dato a diversi il debito gastigo del laccio [impiccagione], e tra gli altri alli tre di novembre furono in pien popolo tra le due colonne di S. Marco appesi quattro insieme con una bella giovene d’età di 22 anni per haver dato loro la notte ricetto in casa e commodità d’ascondere gli furti. Questo spettacolo invero hebbe della tragicomedia, et è degno per memoria d’esser notato, perché l’ultimo pizzigamorto che fu impiccato, ritrovandosi in cima della forca chiese da bere un bccal di vino, il quale portato e posto che gli fu alla bocca alzò la voce verso la gente dicendo ‘Vi faccio a tutti un brindes, accettatelo in cortesia’, e bevuto si voltò al boia con dirgli ‘Fratello fa l’ufficio tuo, che hora mi moro contento’. La donna poi fece una pietosa conversione all’imagine del Salvatore che indusse i circostanti a stupore et a lagrime a un tratto. Disse ella in questa sostanza che se Christo Redentor del mondo, ch’era l’inocenza istessa, sostenne patientemente così aspra et ignominiosa morte, et che allhora pregò appresso il Padre eterno per i suoi crucifissori, perché non doveva ella misera pecatrice far volentieri quella morte et pregar sua divina Maestà che prosperassi questi Signori, i quali giustamente l’havevano così per le sue tristitie sententiata acciò ch’ella fosse a tutti publico essempio. E se Cristo stava con le braccia aperte in segno di ricevere nel grembo della sua pietà i miseri pecatori che a lui confidentemente si volgono, et che già quel giorno sul legno della croce donò al ladrone il paradiso, perché ella sua divota ancella doveva in quel punto ch’era chiamata alla salute smarirsi e confondersi per i suoi peccati che vedeva esser col pretiosissimo sangue del Signore cancellati, et in fine che l’alma sua gioiva e giubilava in Cristo, parendole d’esser non come sfortunata giunta a passo infelice di trista e dolorosa morte, ma come aventurata ad un lieto e felice passaggio a quell’altra gloriosa vita.


Leggi anche le testimonianze dei documenti (qui)


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matelda abate
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matelda abate

Ho trascorso la giornata di ieri a leggere e rileggere la pubblicazione degli “Avisi” relativi alla peste del 1576. Grazie per questo splendido e illuminante lavoro. Il Progetto Rialto ne risulta arricchito e ancora più fertile di idee e di sviluppo.. Speriamo che presto si possa riprendere il programma di incontri bruscamente interrotto. Il lungo periodo di “fermo immagine di Venezia”, da voi così utilmente utilizzato, può spingere a fare del Progetto Rialto un luogo di scambio e di elaborazione propositiva e progettuale più creativa e interdisciplinare. Con una visione che faccia riferimento proprio alla importanza e originalità della storia… Leggi il resto »

Monica Fontanive
Ospite
Monica Fontanive

Emoziona leggere che chi ci ha preceduto ha provato tanto sgomento nel veder la nostra città deserta …Testimonianze inestimabili, grazie per aver promosso e divulgato tanta ricchezza, scalda l’animo.

Micaela Portinari
Ospite

E’ incredibile constatare la straordinaria attualità di questi documenti e di come la storia sia insegnamento e bagaglio di necessaria conoscenza per essere consapevoli attori del futuro anche se ahimè non sempre ci rende migliori. Ringrazio molto Donatella ed Elena che mi hanno fatto conoscere questo progetto e tante energie hanno dedicato a questa importante iniziativa che merita di essere alimentata e promossa.

Peter Clark
Ospite
Peter Clark

Many thanks for sharing this fascinating article with me. I knew a bit about the plague controls in the 16th century but I did not realise how close our current ones mirrored them. I think the only very big difference is that in many early cities the rich decamped to the countryside, which aggravated the economic and social problems in the cities.
In the modern world the concentration of medical resources in the big centres makes it less attractive for the better off to move away

Chiara
Ospite
Chiara

L’ho letto. Fantastico e incredibile. Le strade vuote, la gente in casa. Tutto questo mi sembra assurdo.
Seguirò anche gli altri articoli che pubblicherete. Grazie ancora

Hidenobu
Ospite
Hidenobu

Grazie mille per il prezioso articolo sull’esperienza storica dell’epidemia del 1576 che sembra proprio identica a quella di oggi.
E’ una cosa incedibile vedere e sapere di una simile ripetizione..
Possiamo imparare dalla storia e cogliere molti suggerimenti efficaci da questo vostro studio.