Novi avisi di Venetia


Benedetto Bordone, Pianta prospettica della città delle lagune, dal Libro nel qual si ragiona di tutte le isole del mondo, 1528

4- I Lazzaretti Vecchio e Nuovo: inferno e purgatorio


Ma lassando la città e volgendosi ai Lazaretti, dico in verità che dall’una parte il Lazaretto Vecchio rassembrava l’Inferno, ove da ogni lato usciva puzzore et insopportabil fettore, udivasi del continuo gemere et sospirare, et si vedevano da tutte le hore nuvoli di fumo stendersi in aere largamente per l’abrusciar de corpi. Raccontano alcuni che per miracolo sono di là tornati salvi, tra gli altri particolari, che al tempo di quella grande innondation de feriti ne stavano tre e quattro per letto, e che non essendo chi vi attendesse per esser mancata una gran quantità de serventi conveniva loro levarsi da sua posta a pigliare il mangiare e far altri servitii, che continovamente non si faceva altro che levarsi morti dai letti e gettarli giù nelle fosse. Et che ben spesso occorreva che di quei che si trovavano in angonia, o a star intronati senza parlare né muoversi, venivano come spediti da pizzigamorti levati e slanciati sopra il monte de cadaveri, et che s’alcun di loro fosse stà poi veduto a trar di mano o di piedi, o far atto di volersi aiutare, era ben gran ventura che qualche pizzigamorto, mosso a pietà, volesse quell’impaccio di andare a levarlo de lì, che in fine molti infuriati dal male, massimamente la notte, sbalzavano di letto e gridando con voci spaventevoli di anime de dannati ivan correndo di qua e di là urtandosi l’un l’altro, et all’improviso cadendo per terra morti, et alcuni usciti furiosamente dalle stanze si gettavano in acqua o correvano arrabbiati per gli horti, sendo poi il giorno trovati morti tra le spinate o altrove tutti insanguinati. Dall’altra parte il Lazaretto Novo ressomigliava il Purgatorio, ove la gente sfortunata mal in arnese stava pennando e deplorando la morte de suoi, il suo misero stato e la desolazione delle sue case. Languivano tallhora nel colmo della peste al Lazaretto Vecchio sette in otto mille feriti.

Guardi di gratia Vostra Eccellentia quante medicine e sciroppi, empiastri, unguenti e pezze ci volevano da medicargli, e quanti brodi, panate, stillati et altre cose da restorarli. Era nel vero impossibil cosa il poter supplire a tanto bisogno con sì pochi che erano fra tanto pericolo a quel servitio, né ci dobbiamo dar maraviglia se appena diece per cento ne campavano, e se ne morivano al giorno le centinaia sopra quei affumicati e puzzolenti letti. Al Lazaretto Novo poi tra dentro e fuori nelle barche, che parevano una armata, si trovava alcuna volta ben diecemille persone, il numero delle quali era oltre questo detto così cresciuto che non potendo capirlo i Lazaretti furono fatti per gli ammalati due hospedali, l’uno a S. Lazaro e l’altro a S. Chimento [S. Clemente], e per i sani da cinquecento case di legno alle Vignole et altre all’incontro nelle lagune. Alcuni particolari [individui] per cavarne uttile s’ingegnarono di fabricar sopra pali, che parevano capanne da uccellatori. Oltra di ciò si cavorono dell’Arsenale molti legni chiamati burchielle d’accommodare le povere persone, et alcuni arsili [scafi di navi nudi e senz’alberi] vecchi di galee grosse, sopra le quali si dirizzarono certe trabacche [baracche] per contumatia di coloro che tornavano risanati da Lazaretto Vecchio. Dove non si potendo più per la gran puzza abbrusciar i morti fu quindi poco discosto sul Lido, in luogo ditto alla Cavanella, fatto un campo santo, nel quale fatte profondissime cave quivi si ponevano, mettendosi segondo si faceva al detto Lazaretto, una mano de corpi, una di calcina viva et una di terra, et così di mano in mano fino che ne potevano stare, in modo che da un giorno all’altro erano tutti incineriti. I morti poi di rispetto della città si portavano a sepelire nelle casse a Sant’Ariano di Torcello, et perché non bastava la Certosa né gli altri luoghi deputati a sborrar [disinfettare] le robbe, le quali dovendosi tener sborate per lo spatio di quaranta giorni la maggior parte andava di male per stare all’aere, alla pioggia, al vento dì e notte. Fu data libertà a quelli che havessero case comode di poter da per sé sborrare nelle sue case, et ad altri altrove in luoghi opportuni. In somma delle somme il Prencipe spendeva un tesoro in mantener tanta gente et in far cotante spese, e la prattica era fatta un chaos ove ogni savio restava confuso, non vedendo come si potesse supplire a tanti bisogni né qual via si dovesse tenere per ripararsi da tanto nembo di saette fioccate dalla peste per ogni verso.


Leggi anche le testimonianze dei documenti (qui)


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matelda abate
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matelda abate

Ho trascorso la giornata di ieri a leggere e rileggere la pubblicazione degli “Avisi” relativi alla peste del 1576. Grazie per questo splendido e illuminante lavoro. Il Progetto Rialto ne risulta arricchito e ancora più fertile di idee e di sviluppo.. Speriamo che presto si possa riprendere il programma di incontri bruscamente interrotto. Il lungo periodo di “fermo immagine di Venezia”, da voi così utilmente utilizzato, può spingere a fare del Progetto Rialto un luogo di scambio e di elaborazione propositiva e progettuale più creativa e interdisciplinare. Con una visione che faccia riferimento proprio alla importanza e originalità della storia… Leggi il resto »

Monica Fontanive
Ospite
Monica Fontanive

Emoziona leggere che chi ci ha preceduto ha provato tanto sgomento nel veder la nostra città deserta …Testimonianze inestimabili, grazie per aver promosso e divulgato tanta ricchezza, scalda l’animo.

Micaela Portinari
Ospite

E’ incredibile constatare la straordinaria attualità di questi documenti e di come la storia sia insegnamento e bagaglio di necessaria conoscenza per essere consapevoli attori del futuro anche se ahimè non sempre ci rende migliori. Ringrazio molto Donatella ed Elena che mi hanno fatto conoscere questo progetto e tante energie hanno dedicato a questa importante iniziativa che merita di essere alimentata e promossa.

Peter Clark
Ospite
Peter Clark

Many thanks for sharing this fascinating article with me. I knew a bit about the plague controls in the 16th century but I did not realise how close our current ones mirrored them. I think the only very big difference is that in many early cities the rich decamped to the countryside, which aggravated the economic and social problems in the cities.
In the modern world the concentration of medical resources in the big centres makes it less attractive for the better off to move away

Chiara
Ospite
Chiara

L’ho letto. Fantastico e incredibile. Le strade vuote, la gente in casa. Tutto questo mi sembra assurdo.
Seguirò anche gli altri articoli che pubblicherete. Grazie ancora

Hidenobu
Ospite
Hidenobu

Grazie mille per il prezioso articolo sull’esperienza storica dell’epidemia del 1576 che sembra proprio identica a quella di oggi.
E’ una cosa incedibile vedere e sapere di una simile ripetizione..
Possiamo imparare dalla storia e cogliere molti suggerimenti efficaci da questo vostro studio.