Novi avisi di Venetia

di Rocco Benedetti, notaio in Venezia


Il notaio Rocco Benedetti svolse la sua attività a Venezia tra il 1556 e il 1582. La sua clientela aveva una natura cosmopolita ed era formata in buona parte dai grandi mercanti internazionali, ma anche da intellettuali, professionisti, artisti e artigiani. Nel 1574 diede alle stampe l’opuscolo Le feste et trionfi fatti dalla Serenissima Signoria di Venetia nella felice venuta di Henrico III Christianissimo Re di Francia et di Polonia, che ebbe ampia circolazione. I Novi avisi furono pubblicati nel 1577 prima a Urbino per l’editore Battista de Bartoli e poi a Bologna per i tipi di Alessandro Benacci. L’opera fu resa nota da Paolo Preto nel suo studio Peste e società a Venezia, 1576 (Vicenza 1978).

Il testo originale dei Novi avisi è conservato anche in due manoscritti, uno presso la Biblioteca Civica di Verona e l’altro alla Biblioteca del Museo Civico Correr di Venezia. La trascrizione dell’opera è stata condotta su quest’ultimo manoscritto (Cod. Cicogna 3682), che per il linguaggio e la chiarezza del testo è da preferire all’edizione a stampa.

L’opuscolo fu dedicato dal notaio all’illustre nobile veneziano Giacomo Foscarini. Nella biografia di quest’ultimo ricorrono episodi, incontri e relazioni che ci riportano a Rialto. Prima di diventare il patrizio conservatore più volte coinvolto in progetti di spazi ed edifici pubblici (da Palazzo Ducale, alle Procuratie Nuove, all’Arsenale, al Ponte di Rialto), aveva svolto un’intensa attività mercantile a livello internazionale, costituendo tra l’altro una compagnia con Giacomo Ragazzoni. Nominato con Alvise Zorzi e Marc’Antonio Barbaro, nel 1587 fu nominato Provveditore sopra il Ponte di Rialto e come tale intervenne più volte nella discussione sul numero degli archi del nuovo manufatto lapideo, sulle fondazioni dello stesso, sulla conduzione del cantiere. Il testo di Rocco Benedetti, che lo evoca nella veste di Provveditore Generale di Candia (dal maggio 1574), ne ricorda anche il ruolo al passaggio di Enrico III di cui fu accompagnatore ufficiale. Solo nel 1580 riuscirà ad essere eletto Procuratore di San Marco de supra dopo vari tentativi compiuti negli anni della peste e in quelli immediatamente successivi ad essa.


Per un ritratto approfondito di Giacomo Foscarini (1523-1603) si rimanda alla voce redatta da Roberto Zago per il Dizionario Biografico degli Italiani (qui)



1- Il manifestarsi della peste


Al Signor Giacomo Foscarino

Cavalliere et Proveditor Generale del Regno di Candia

Ho preso a descrivere le cose più notabili seguite in Venetia quest’anno del 1576, nel quale vi ha così fieramente regnato la peste. Onde stimo che tal descrittione, ancora che funesta e lagrimosa, non debba esser se non grata a Vostra Eccellenza, la quale è stata in parte lontana, non tanto per intendere il progresso di tanti accidenti non più per l’adietro occorsi, quanto per vedere come in vivo ritratto che alcuno non sia giamai da insuperbire di ricchezze né de honori né di grandezze di questo mondo, le quali stanno ad ogn’hora in pericolo di cadere ad un sol cenno del grande Iddio, il quale alla fine volge gli occhi suoi pietosi verso quelli che col cor contritto si volgono a lui.

Dico adunque che questa gran bella città, la quale fu sempre cortese e fedel albergo alle genti del mondo, quando doppo i longhi travagli della guerra sperava di vivere con felicità molti anni, havendo preso per felice augurio di sua buona fortuna l’haver havuto occasione di ricevere di passaggio, con quello gran fausto e trionfo che s’è veduto, la maestà di Henrico Terzo Cristianissimo Re di Francia e Quarto di Polonia, ecco, hoi caso strano, che fu messa tutta sottosopra dalla gran furia della peste, la quale fulminando non si sa ben di dove uscita assalì prima su le porte d’Italia la città di Trento, et havendola dissolata trascorse poi a Verona, onde fu principalmente (mediante la divina gratia) scacciata per opera del valorosissimo signor Nicolò Barbarigo allhora Podestà. Appresso allargatasi in altre parti s’aviò per far più signalate prove verso di noi, et alla fine passata come spirito invisibile di mezo alle guarde, che di continovo vigilavano d’ogni intorno per vietarle il passo, se n’entrò in questa città, dove cominciò pian piano a gir serpendo et a ferire hor questo hor quello, riempiendo tutto di spavento e di pericolo di morte.

Allhora i signori Proveditori della Sanità, consultando di reprimere il male veduto ne Numeri del Testamento Vecchio a capi V [Bibbia, Numeri 5: 1-3], che Dio ordinò a Mosè che scacciasse dal campo tutti i leprosi et alcuni infettati di mal contagioso, acciò non contaminassero gli altri, terminarono [deliberarono] per lo migliore di mandare quanto prima a Lazaretto Vecchio i feriti a risanarsi, et i sani che sotto un medesimo tetto vivevano con quelli al Lazaretto Novo a far contumacia quaranta giorni. Ordinarono poi col Senato che si brusciassero degli infetti tutte le robbe di casa e che del danaro del Comune si ristorassero in parte, dovendo da ministri per non attristare più la città, e per non fare uscir la fama fuori con maggior grido, esser fatte queste operationi di notte. Questi provedimenti, come che paressero buoni, ritornarono nondimeno in grave danno, non tanto del publico quanto del particolare, perché la peste facendo ogni dì maggior progresso era grandissimo l’incendio delle robbe, et per conseguente grandissima quantità di danari si veniva a spendere del publico, né però era se non picciol ristoro alle povere persone. Oltre che per le strade venivano spesso trovate diverse robbe infette, che si credeva esser da proprii ministri seminate per haver campo appiccandosi più il fuoco di maggiormente rubbare; né si stava senza pensiero che fosse qualche incognito ribaldo ch’attendesse con tal semenza alla ruina della città. Perciò li signori Proveditori, mutando consiglio, deliberorno che nell’avenire i ministri non essercitassero il lor officio se non di giorno, e che solamente li letti e quelle cose che potessero per l’uso haver preso contagio s’abrusciassero, et il rimanente delle robbe si sborasse [purificasse] alla Certosa et ad altri luoghi lontani a ciò dessignati.

Parve che la diligenza di quei Signori usata in tutte le cose con questi et altri buoni ordeni fosse di tanto profitto che la città restasse dalla peste libera affatto. Ma hoimè, che poco durò la presa alleggrezza, perché di nuovo surse il male più fiero che mai, e misse ogni cosa in confusione. In questa nuova rivolutione i Signori prohibirono che niuno per quindici giorni potesse andar in casa d’altri, né donne, né putti uscissero delle sue contrate, e s’udì per la città un gran raggiar et ullular de cani e di gatte, perché di essi fu dapertutto, come d’animali che passando da luogo a luogo potevano infettar le case, fatto un Vespero Siciliano. Onde poi bisognò pagar persone che levassero dai canali le dette bestie morte, che apportavano intollerabile puzzore. Successe in quei giorni un caso degno da una parte di riso e dall’altro di compassione, il quale fu che un poverino impazzito scorse per la città una dominica dopo desinare, a tempo ch’era ragunato il Gran Conseglio per crear i magistrati, e quante case sequestrate trovava a tutte levò le tavole [sbarre di legno apposte sulle case dei contagiati], dicendo ai sequestrati ‘Fratelli uscite, uscite fuori che i Signori vi han liberato, perché Dio gratia non vi è più peste’. Li sequestrati, pensando ch’egli fosse ministro publico, uscirono allegramente toccando la mano a questo et a quell’altro suo amico, et andando molti prestamente alla chiesa di San Rocco a ringratiar Dio che li havesse liberati. I Proveditori, intesa questa novità dopo Consiglio, non potero se non il giorno seguente far di nuovo sequestrar gli usciti, ma fra tanto fatto pigliar il pazzo volevano farlo appiccare per la gola. Ma il Coleggio compassionata la sua pazzia non volle altrimenti che morisse, ma che se tenesse qualche giorno in prigione.


Leggi anche le testimonianze dei documenti (qui)


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matelda abate
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matelda abate

Ho trascorso la giornata di ieri a leggere e rileggere la pubblicazione degli “Avisi” relativi alla peste del 1576. Grazie per questo splendido e illuminante lavoro. Il Progetto Rialto ne risulta arricchito e ancora più fertile di idee e di sviluppo.. Speriamo che presto si possa riprendere il programma di incontri bruscamente interrotto. Il lungo periodo di “fermo immagine di Venezia”, da voi così utilmente utilizzato, può spingere a fare del Progetto Rialto un luogo di scambio e di elaborazione propositiva e progettuale più creativa e interdisciplinare. Con una visione che faccia riferimento proprio alla importanza e originalità della storia… Leggi il resto »

Monica Fontanive
Ospite
Monica Fontanive

Emoziona leggere che chi ci ha preceduto ha provato tanto sgomento nel veder la nostra città deserta …Testimonianze inestimabili, grazie per aver promosso e divulgato tanta ricchezza, scalda l’animo.

Micaela Portinari
Ospite

E’ incredibile constatare la straordinaria attualità di questi documenti e di come la storia sia insegnamento e bagaglio di necessaria conoscenza per essere consapevoli attori del futuro anche se ahimè non sempre ci rende migliori. Ringrazio molto Donatella ed Elena che mi hanno fatto conoscere questo progetto e tante energie hanno dedicato a questa importante iniziativa che merita di essere alimentata e promossa.

Peter Clark
Ospite
Peter Clark

Many thanks for sharing this fascinating article with me. I knew a bit about the plague controls in the 16th century but I did not realise how close our current ones mirrored them. I think the only very big difference is that in many early cities the rich decamped to the countryside, which aggravated the economic and social problems in the cities.
In the modern world the concentration of medical resources in the big centres makes it less attractive for the better off to move away

Chiara
Ospite
Chiara

L’ho letto. Fantastico e incredibile. Le strade vuote, la gente in casa. Tutto questo mi sembra assurdo.
Seguirò anche gli altri articoli che pubblicherete. Grazie ancora

Hidenobu
Ospite
Hidenobu

Grazie mille per il prezioso articolo sull’esperienza storica dell’epidemia del 1576 che sembra proprio identica a quella di oggi.
E’ una cosa incedibile vedere e sapere di una simile ripetizione..
Possiamo imparare dalla storia e cogliere molti suggerimenti efficaci da questo vostro studio.