Novi avisi di Venetia


6 – Pratiche, opinioni e rimedi contro la peste: dal distanziamento sociale ai segreti ‘miracolosi’


Questi cotanti strani accidenti facevano discorrere ad alcuni che del mancare di tanti poveri huomini ne era cagione in gran parte il lor molto disaggio. Altri discorrevano che la tanta mortalità nasceva da semplice contagio, al quale provedendosi si poteva salvar la città. Tenendo questo parere il molto reverendo Padre Fiamma, famoso predicatore dell’ordine della Carità, venne a discorrere con un secretario circa le provisioni che si potevano fare, onde il segretario fattone moto di ciò al Prencipe, sua Serenità fece chiamar in Coleggio il Padre, il quale parlò con tanto fervore di spirito che le comosse a lagrime, commemorando come la buontà di Dio haveva miracolosamente in queste acque con le sue sante mani fondata questa benedetta città per un antemurale di tutta la Cristianità, e che havendola sempre fin qui per tanti secoli difesa e salvata da tante borasche e tempeste, e conservata vergine intatta, parimente s’haveva da star sicuri che nell’avenire l’harrebbe sino alla consumation del secolo, per gloria et essaltatione di sua santa fede, sostenuta e felicemente prosperata. Né doveva sua Serenità sbigottirsi per questa peste, la quale, poiché non veniva dall’aere, ch’era buono più che mai fosse stato, chiaramente si comprendeva che s’era andata così allargando per la prattica e conversatione delle genti, le quali se si fossero tutte per quindici giorni sequestrate in casa s’haverebbe intanto scoperto da che parte emergeva, e possuto facilmente comprimere et espurgare la città, adducendo in proposito l’essempio de cacciatori, i quali sì come malagevolmente possono prendere la fera in campo aperto, così è loro agevole il metterla in poter loro quando l’hanno a qualche stretto passo ridotta. Piacque a sua Serenità il ricordo del Padre, e posta tra Savii in Consulta fu presa parte [deliberato] in Senato di far la sequestratione per i quindici giorni, la qual parte insieme con altri ordini da osservarsi in quel tempo fu publicata. Furno creati tre Senatori sopra le vettovaglie et altre opportunità in questo negotio. Fecesi la descrittione del popolo ch’era nella città e trovossi da cento venti millia persone in su. Furono tolti in nota tutti i poveri, a’ quali s’haveva a dare del publico per detto tempo del sequestro sei soldi al dì per testa, che importava intorno a sessanta mille ducati. E mentre che con celerità s’attendeva a far le altre provisioni et ch’erasi in punto d’effettuar la cosa si scopersero alcune difficoltà importanti, onde fu giudicato bene di sospendere per allhora la parte.

Ciascuno in questo moto voleva dire il suo parere. I buoni marinari dicevano che non bisogna smarirsi ma star di buona voglia, perché dopo gran fortuna di mare è sempre costume di tornar bonaccia. Altri huomini naturali, che fanno giuditio delle cose presenti per le passate, tenivano esser necessario il dover terminare una volta questa peste, sì come haveva terminato tante altre volte ch’era stata in colmo qui et altrove, et ch’ella era a guisa d’un furioso, il quale havendo gran pezza corso et urtato di qua e di là, infine stanco perde le forze del suo furore. Gli contemplativi mettevano la cosa per disperata, dicendo che s’el male per un solo infetto era moltiplicato tanto non vedevano come si potesse così tosto scemarsi affato. Gli astrologhi davano speranza che dovendo in breve le stelle girar con benigni aspetti darebbe insieme a un tempo volta il male, del quale era cosa certa che la sua radice non fosse per contagione ma per influsso celeste, sì come era stato da loro predetto molto inanzi vedendosi che quasi a tutti quelli che s’amalavano dava fuori qualche tumore, parottide, brusco o giandussa o carbone, e che molte creature che non mettevano mai il piede fuori della porta, né si lasciavano per casa pratticar veruno, erano sopraprese dalla malignità di questo male. Solo Annibale Raimondo, eccellentissimo astrologo, diceva in uno suo discorso publicato in stampa che’l detto contagio non nasceva dall’aere guasto né da essalation infetta uscita dalla terra, ma dalle acque de pozzi corrotti dal crescer che fece il mare l’anno 1574, bevute dalla gente. I filosofi diceano che questi erano salassi che venivano fatti dalla natura quando troppo moltiplicavano le spetie, come fa il buon medico quando che apre la vena a quei che sono troppo sanguigni, et che a punto questa città, sendo sopramodo cresciuto il popolo, haveva bisogno d’una simil purgatione. Alla fine le persone spirituali si risolvevano di dire che Dio per le nostre sceleratezze, corrucciatosi con noi, haveva dato l’arco e le saette dell’ira sua all’Angelo esterminatore che ci percottesse, e che bisognava attendere con le orationi e buone opere a placar la sua divina giustitia nella maniera che fece la santa memoria di Papa Gregorio il Grande [regnante gli anni 590-604], huomo santissimo, il quale essendo Roma in questo naufragio, che ne cadevano le migliaia al giorno, puotè con suoi digiuni, opere di carità et orationi muover Dio a perdonar a quel popolo, il quale un giorno visibilmente vide sopra Castel Sant’Angiolo, che così d’allhora impoi s’è chiamato, un Angiolo con una spada nuda in mano tutta sanguinata a forbirla e riporla nel fodro, e subito ne sparì cessando in quel punto il flagello della mortalità.

Non mancava ogni tratto di comparire qualche uno dinanzi al Prencipe ad offerirsi con suoi secreti di liberar presto la città se gli fosse data buona provisione. Quando poi venivano in prova si trovava che lor preservativi, elettuarii e medecine distemperavano gli stomachi e rovinavano le complessioni. Fu tra gli altri primo un Antonio Gualtiero mercante Fiandrese, che offerendosi di liberar la città in otto giorni ricordò che i sani a digiuno su l’alba bevessero tre sorsi della propria urina et inanti cena mangiassero un poco di pane in aceto con della ruta, e gli infetti usassero medesimamente di bever della sua [urina], così la mattina come la sera, mettendo in vece d’empiastro su la giandussa [bubbone] del proprio sterco caldo, con tener mondata la piaga con l’urina sino a tanto che fosse guarita. E mentre egli stava in humore d’haverne per ciò gran provisione, et che per giustificar il secreto andava alle case delle povere persone sequestrate a persuaderle che così faccessero, venne per mala sorte un giorno a cader per terra et ammacossi un braccio, sul quale sendogli venuto un poco di tumore entrò in sospetto che fosse principio de giandussa; onde per repararvi postovi sopra l’empiastro dello sterco e dandosi da tutte le hore a bever quanto più poteva dell’urina come fosse violeppo [sciroppo dolce], se gli alterò di modo il sangue e spiriti vitali che fra pochi giorni vomitando l’anima venne ad uccider sé stesso col suo rimedio, ch’era stato cagione di far ammalare e perire molti, sì come si ragionava. Venne poi in diligentia da Ghedi sotto Bressa [nel territorio di Brescia] un eccellente medico nominato Annibale Giroldi, il quale offertosi di far miracoli e mandato al Lazaretto Vecchio, secondo ch’egli richiesto havea, con una barca carica di bozze e di lambicchi da stillare e di vasi grandi o barille piene di liquori, non vi fu così presto gionto ch’egli et un servitore che haveva presero la giandussa e si morirno qui nello spatio di pochi giorni.


Leggi anche le testimonianze dei documenti (qui)


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matelda abate
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matelda abate

Ho trascorso la giornata di ieri a leggere e rileggere la pubblicazione degli “Avisi” relativi alla peste del 1576. Grazie per questo splendido e illuminante lavoro. Il Progetto Rialto ne risulta arricchito e ancora più fertile di idee e di sviluppo.. Speriamo che presto si possa riprendere il programma di incontri bruscamente interrotto. Il lungo periodo di “fermo immagine di Venezia”, da voi così utilmente utilizzato, può spingere a fare del Progetto Rialto un luogo di scambio e di elaborazione propositiva e progettuale più creativa e interdisciplinare. Con una visione che faccia riferimento proprio alla importanza e originalità della storia… Leggi il resto »

Monica Fontanive
Ospite
Monica Fontanive

Emoziona leggere che chi ci ha preceduto ha provato tanto sgomento nel veder la nostra città deserta …Testimonianze inestimabili, grazie per aver promosso e divulgato tanta ricchezza, scalda l’animo.

Micaela Portinari
Ospite

E’ incredibile constatare la straordinaria attualità di questi documenti e di come la storia sia insegnamento e bagaglio di necessaria conoscenza per essere consapevoli attori del futuro anche se ahimè non sempre ci rende migliori. Ringrazio molto Donatella ed Elena che mi hanno fatto conoscere questo progetto e tante energie hanno dedicato a questa importante iniziativa che merita di essere alimentata e promossa.

Peter Clark
Ospite
Peter Clark

Many thanks for sharing this fascinating article with me. I knew a bit about the plague controls in the 16th century but I did not realise how close our current ones mirrored them. I think the only very big difference is that in many early cities the rich decamped to the countryside, which aggravated the economic and social problems in the cities.
In the modern world the concentration of medical resources in the big centres makes it less attractive for the better off to move away

Chiara
Ospite
Chiara

L’ho letto. Fantastico e incredibile. Le strade vuote, la gente in casa. Tutto questo mi sembra assurdo.
Seguirò anche gli altri articoli che pubblicherete. Grazie ancora

Hidenobu
Ospite
Hidenobu

Grazie mille per il prezioso articolo sull’esperienza storica dell’epidemia del 1576 che sembra proprio identica a quella di oggi.
E’ una cosa incedibile vedere e sapere di una simile ripetizione..
Possiamo imparare dalla storia e cogliere molti suggerimenti efficaci da questo vostro studio.