22 aprile 2020

Nel passo odierno dai Novi avvisi di Venetia Rocco Benedetti offre una malinconica riflessione sulla triste desolazione in cui si trovava immerso. Venezia, quella «sì gran città, celebre per tutto il mondo di tanto negotio e suolita esser frequentata da popolo infinito», era deserta e spettrale. Allora come oggi era stata momentaneamente privata dei suoi abitanti, obbligati da un decreto del Senato a non lasciare case, contrade né sestieri di residenza senza licenza scritta dei superiori. Il nostro notaio, in quanto pubblico ufficiale, ha l’autorizzazione di continuare il suo lavoro, a maggior ragione nel momento di incertezza con molte persone desiderose di dettare le ultime volontà.

Per evitare la diffusione del contagio il Senato impone un rigido lockdown, predisponendo controlli nelle contrade e un posto di blocco armato sul ponte di Rialto per dividere concretamente la città in due parti: quella al di qua del ponte (San Marco, Castello, Cannaregio) dove si registrava un maggior numero di contagi, e quella al di là (Dorsoduro, San Polo, Santa Croce) con una situazione migliore.

I documenti che troverete nella sezione a integrazione del settimo episodio sono: la deliberazione del Senato che impone il blocco cittadino, corredato da un’immagine inedita del registro originale del Senato, pubblicata per concessione dell’Archivio di Stato di Venezia, dove è conservato; il proclama dei Provveditori alla Sanità riguardante il rifornimento alimentare; infine un testamento redatto da Rocco Benedetti in occasione di una delle sue uscite solitarie.

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7– Moria tra i medici, voto per la chiesa del Redentore e creazione di una ‘zona rossa’ (QUI)

LE TESTIMONIANZE DEI DOCUMENTI (QUI)

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